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Lavori Consiglio: sì alla legge sulla toponomastica

Approvato con 25 sì e 1 astensione il disegno di legge che abroga la norma sulla toponomastica del 2012.

Il Consiglio provinciale ha avviato nel tardo pomeriggio di oggi l’esame del disegno di legge provinciale n. 10/19: Abrogazione della legge provinciale 20 settembre 2012, n. 15, “Istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale” e altre disposizioni (presentato dalla Giunta provinciale). La Giunta ha ricordato l’iter che aveva portato all’approvazione della norma del 2012, ai numerosi accordi col Governo e all’impugnazione della legge da parte della Corte costituzionale, comunicando che  si era riusciti a rinviare la discussione della causa al mese di luglio.

Di seguito, L’Alto Adige nel cuore - Fratelli d'Italia ha presentato una relazione di minoranza.

Lo stesso consigliere di Alto Adige nel cuore - Fratelli d'Italia ha aperto la discussione generale, evidenziando che la questione aveva le sue radici nel 1o Statuto di Autonomia, fino ad arrivare alla legge del 2012, salutata allora come la legge che finalmente permetteva alla provincia di esercitare la sua competenza e che identificava come luogo di decisione i Comprensori. Pochissimi allora, tra cui Alto Adige nel cuore, sottolinearono le violazioni dello Statuto: ci si sforzava di autoconvincersi di aver intrapreso una strada che avrebbe chiuso una volta per tutte la questione; oggi quella stessa maggioranza dice che questa legge non reggerà mai al vaglio costituzionale. La sintesi di tutto invece è non sostituire, ma affiancare, non togliere, ma aggiungere, dare alle parti il diritto di scegliere da sé. Furono i gruppi di centrodestra rappresentati in Consiglio che sollecitarono allora il Governo Monti a ricorrere alla Consulta: da allora si è ottenuto costantemente un rinvio, con l’impegno di trovare una soluzione politica. Una bozza fu elaborata in Commissione dei Sei: prevedeva un organismo paritetico e la decisione paritetica sui nomi da individuare. Una soluzione che suona bene, se non fosse che fosse nella decisione un gruppo poteva decidere sui toponimi dell’altro. Ogni gruppo dovrebbe invece avere diritto di decidere per sé. Il disegno di legge in esame cancella il ricorso alla Corte costituzionale, ma non può cancellare il pronunciamento della stessa nella sentenza 210 del 2018 sulla denominazione monolingue di un Comune fassano, secondo cui “è inderogabile l’uso della lingua italiana anche nella toponomastica”, e che parla di “affiancamento” della toponomastica nelle diverse lingue.

La Süd-Tiroler Freiheit ha chiarito che attualmente i toponimi tedeschi sono solo tollerati, e che per molte procedure bisogna utilizzare il toponimo italiano: questo fa sì che la provincia sia presentata come italiana. Ora, abrogando la legge del 2012, si può avviare un’altra procedure per ottenere un risultato migliore, ovvero il riconoscimento dei nomi storici. Di questi, 200 sono italiani. Solo una soluzione che poggi su basi scientifiche può essere libera da ideologie e posizioni estreme: solo questa è una soluzione pacifica. I nomi non possono essere tradotti, si pensi alla modifica dei nomi propri: sarebbe un’invenzione. Ma questo è successo con numerosi toponimi italiani, che sono stati inventati al solo scopo di italianizzare questa provincia. Anche gli italiani non dovrebbero essere d’accordo con una simile ideologia, di impronta nazionalista. La sentenza dimostra che la Corte costituzionale agisce con arroganza, prevedendo l’italiano come unica lingua accettabile e relegando tedeschi e ladini sempre in una seconda categoria. Anche nel campo della sanità l’italiano prevale; la lingua italiana e la legislazione italiana hanno sempre la priorità. Anche in campo turistico sono sempre più usati i nomi italiani, e questa è una falsificazione: “Non siamo una provincia italiana, il Sudtirolo non è Italia”. Anche negli elenchi in rete, per esempio su googlemaps, ci sono solo toponimi italiani. Bisogna puntare sulla soluzione scientifica, che la Consulta non può impugnare.  Un segnale importante dallo Stato sarebbe l’abrogazione dei decreti fascisti. Non è giusto regolarizzare un torto solo perché si è protratto a lungo: lo stesso Tolomei immaginava che i sudtirolesi si sarebbero abituati ai suoi nomi, prima o poi, e questo si dimostra per esempio nella pubblicità turistica. La legge sui toponimi non deve essere messa in relazione con lo stradario; ci vuole una soluzione dignitosa, a partire da una tabula rasa e dall’abrogazione dei decreti fascisti. A Rio Pusteria vivono più arabi che italiani, ma nessuno sarebbe contento se ora venisse imposto un nome arabo. Se gli stessi sudtirolesi evitassero di usare i nomi italiani, in primis nel turismo, il problema si risolverebbe spontaneamente.

Secondo i Freiheitlichen, è ora di trovare una soluzione al tema della toponomastica, tenendo conto della volontà del Consiglio provinciale oltre che di quella della Giunta. La soluzione deve tenere conto sia della tutela delle minoranze che della Convenzione ONU sui diritti umani. I nomi non sono traducibili, per questo bisogna puntare a una denominazione univoca. Bisogna riparare il torto fascista: in altri Paesi e regioni, come la Valle d’Aosta e la Catalogna, il ripristino dei nomi storici è stato possibile. I Freiheitlichen si sono sempre espressi per una soluzione che considera la percentuale di cittadini dell’uno dell’altro gruppo linguistico, già adottata con successo altrove, che è una base scientifica anche per il futuro: solo quelle località dove la minoranza raggiunge una certa percentuale devono avere doppia denominazione, in Finlandia questa percentuale è dell’8%. Altrimenti, vale il nome unico. Per la microtoponomastica vale la regola ONU che privilegia il toponimo della popolazione storicamente residente. Si rinfaccia al gruppo tedesco di voler togliere qualcosa agli italiani, ma degli 8.000 toponimi italiani, non tutti vengono utilizzati: nessun italiano, per esempio, usa S. Floriano al posto di Obereggen. Rifiutare la soluzione percentuale significa confermare il torto fascista e non rispettare la lingua e la cultura dei cittadini che qui vivono. L’intervento si è concluso con un appello a trovare finalmente una soluzione alla toponomastica, seguendo le indicazioni ONU per una soluzione percentuale.

Secondo il Gruppo Verde, il dibattito è caratterizzato da una certa stanchezza: chiunque è nato qui, ma anche chi è arrivato da fuori, ha avuto a che fare fin da subito con questo tema, e più o meno negli stessi termini; chi accusa di fascismo chi difende le denominazioni introdotte da Tolomei, chi difende i toponimi perché ormai entrati in uso. Da questa situazione non si sono fatti passi avanti. Passi avanti sono stati fatti invece in termini di convivenza e dell’elaborazione delle tracce del passato, come dimostra il Museo sotto al monumento alla Vittoria, o l’intervento sul bassorilievo di piazza Tribunale, entrambi trasformati in monito. Bisogna dire anche che l’ufficializzazione dei toponimi tedeschi spetta alla Provincia: questo si potrebbe fare in 5 minuti, se non viene fatto, è perché si ritiene che ufficializzandoli si accetterebbero implicitamente anche quelli italiani; su questo non si può fare le vittime. I nomi italiani sono 8.000, una piccola parte rispetto ai 100.000 totali; anche i nomi ladini sono 9.000: il problema va ridimensionato. Se la questione è diventata un problema, è per questioni di propaganda elettorale: si ripensi al caso di Cortaccia. Anche la legge che si discute fu approvata un anno prima delle elezioni provinciali, e gestita con cinismo. Del rilevamento dei nomi d’uso si voleva incaricare l’ASTAT, ma questo stesso istituto disse che non era possibile, e così, all’ultimo, l’allora Landeshauptmann tirò fuori dal cappello le Comunità comprensoriali. Anche le argomentazioni con cui la SVP vuole cancellare la legge sono assurde: la paura è che la Consulta si esprima per trasformare in italiano anche i restanti 92.000 nomi. Nella recente assemblea generale dello stesso Heimatpflegeverband è stato richiesto di ufficializzare i nomi tedeschi accettando che ci si trova in una terra triligue. La Corte costituzionale con le sue sentenze ha fissato dei paletti intorno ai quali si è sviluppata l’Autonomia: il vantaggio è che essa si può consultare, per capire come orientarsi. Se la Corte cancellerà la legge, si torna a dove si era 10 anni fa, e questo è un peccato, e questo succederà ancora, se non si sceglierà la strada giusta: si tornerà sempre al punto di partenza. Dall’obiettivo di rendere ufficiali i toponimi tedeschi si è passati all’obiettivo di toglierne alcuni di italiani, e questo anche in seguito alle forti pressioni delle forze patriottiche, decisamente efficienti, che hanno influenzato anche la SVP. Si riconosce un impeto imperialista, la volontà di marcare un’area con i nomi. Se si continua verso questo obiettivo, non se ne esce: non è possibile stralciare tutti i toponimi italiani, ma ai patrioti non basterà abrogare solo un parte dei toponimi; anche determinare quali sono in uso è problematico, in primis per identificare chi deve decidere. L’unica soluzione è tornare all’obiettivo originario di ufficializzare i toponimi tedeschi, e in quanto ai toponimi di origine fascista, inaugurando un’epoca di verità e riconciliazione si può procedere con un’opera di sensibilizzazione e convivenza.

La Giunta provinciale, riferendosi alla sentenza della Consulta sul nome del comune fassano di Sèn Jan, ha sottolineato che la conseguenza sarebbe che per tutti i comuni che non hanno un nome italiano bisognerebbe inventarlo. È vero, è stato detto che la legge del 2012 non poteva reggere, ma in base alla normativa odierna e senza norma di attuazione. Il criterio proposto nella Commissione dei Sei era l’“uso diffuso”, cosa diversa dalla “rintracciabilità”. Al Gruppo Verde la Giunta ha chiarito che non è la Corte costituzionale che difende l’autonomia: “Dobbiamo difenderla noi stessi”. La SVP non si è mai schierata per la soluzione storica, perché molti nomi sono in uso: la legge in vigore, è vero, dava in maniera inattesa una responsabilità alle Comunità comprensoriali, ma nella Commissione dei Sei si era trovata una soluzione affinché si esprimessero entrambi i gruppi linguistici. I presupposti sono una base nella norma d’attuazione e poi una legge che regola il settore, senza riaprire nuove ferite come succederebbe ripristinando toponimi non più in uso: va cercata una soluzione di compromesso che non toglie nulla a questa terra, senza agire a colpi di maggioranza ma trovando una soluzione insieme. La questione dell’odonomastica (art. 1 bis) sarà inserita non nella legge sulla toponomastica, ma in quella sui beni culturali.

Di seguito, il passaggio alla discussione articolata è stato approvato con 27 sì e 1 astensione.

L’articolo 1 abroga la legge provinciale 15/2012, istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale.

Ricordando che la competenza sulla toponomastica era l’unica non adottata dalla Provincia, l’Alto Adige del cuore ha ribadito che evidentemente non si voleva ufficializzare i nomi tedeschi, ma toglierne un po’ di italiani. La soluzione era stata quasi raggiunta nel momento in cui si era raggiunta la consapevolezza di fare dei passi indietro, per esempio non accanendosi su alcuni toponimi italiani: ma questa disponibilità non era stata accolta. È vero che la sentenza della Corte costituzionale parlava di “primazia” della lingua italiana, ma questa primazia non è citata nella Costituzione, bensì - curiosamente - nello Statuto: in ogni caso la questione era che la lingua italiana dovesse persistere, a fronte di un diritto paritetico delle lingue delle minoranze. Bisognerebbe che ogni gruppo decidesse per sé, data anche l’ampia disponibilitá del gruppo italiano di fare una profonda opera di revisione.   Non ci devono essere né vinti né vincitori, tutti devono sentire di avere un pieno diritto di cittadinanza: “Azzeriamo e ricominciamo”.

La Lega Alto Adige Südtirol ha  chiarito che l’abrogazione serve appunto per tracciare una linea, oltre la quale andare a fare un ragionamento condiviso al di là delle posizioni irrigidite, per ragionare insieme sull’Alto Adige Südtirol del 2019, terra bellissima abitata da tre gruppi linguistici che devono cominciare a pensare insieme, come comunità. Questo è l’impegno che si assume la Lega all’interno della maggioranza. L’articolo 1 bis é stato approvato con 25 sí e 1 astensione.

L’articolo 1 bis modifica stabilisce che nessun luogo pubblico può essere intitolato al nome di persone decedute da meno di dieci anni, salvo deroghe decise dalla Giunta, sentito il direttore della Ripartizione beni culturali, in caso di dedica a persone particolarmente benemerite.L’Alto Adige nel cuore ha proposto di aggiungere una disposizione secondo cui il direttore della ripartizione beni culturali autorizza la denominazione di strade e piazze pubbliche, l’intitolazione degli edifici pubblici e l’erezione in luogo pubblico o aperto al pubblico di monumenti. Questo, ha spiegato, era previsto in passata, poi era stato stralciato in un passaggio notturno e con inserimento in un articolo di abrogazioni, impedendo una più ampia conoscenza dell’atto amministrativo di denominazione, che ora si voleva riproporre.  Il Gruppo Verde ha respinto l’emendamento nel rispetto del diritto dei Comuni. Anche la Giunta ha fatto riferimento all’autonomia dei Comuni, sottolineando che non c’erano state operazioni di pulizia etnica. Respinto l’emendamento con 1 sí e 26 no, l’Alto Adige nel cuore, ribadendo l’utilitá della sua proposta per fare in modo che non solo i cittadini dei comuni interessati potessero fare ricorso verso certe decisioni, ha condiviso la disposizione in base alla quale bisogna attendere 10 anni prima di intitolare un luogo a una persona; mentre il Gruppo Verde ha invitato a considerare entrambi i sessi, ricordando nell’articolo, accanto ai “benefattori”, anche le “benefattrici”. La Giunta ha detto di non avere nulla in contrario. L’articolo 1 bis è stato approvato con 25 sì e 2 astensioni.

Approvato poi l’articolo 2 sull’entrata in vigore.

Dichiarazioni di voto:

L’Alto Adige nel cuore ha annunciato voto a favore, poiché già ai tempi della sua approvazione l’aveva ritenuta anticostituzionali e contraria alla convivenza, anche per via dell’assegnazione di competenze ai comprensori, alcuni dei quali a maggioranza tedesca schiacciante. Era problematico anche stabilire l’uso comune, compito che dovrebbe spettare ad ogni gruppo per ciascuna lingua: ciascuno decida per se stesso, bisogna aggiungere e non togliere; quando si toglie qualcosa si è tutti più poveri.

La Süd-Tiroler Freiheit ha annunciato voto a favore, non per mettersi in ginocchio davanti alla Consulta ma nella speranza che si trovi una soluzione coraggiosa basata su presupposti scientifici. Non si sarebbe smesso di informare la popolazione sull’origine dei toponimi, allo scopo di trovare una soluzione scientifica, e quindi pacifica, che non comprende toponimi inventati sulla base di un fanatismo. Un torto non può improvvisamente diventare diritto.

La SVP ha sostenuto che si votava per l’abrogazione, ma non con entusiasmo: è un diritto fondamentale quello a tornare ai nomi storici, bisognerà provvedere al più presto a una nuova legge in questo senso.

I Freiheitlichen, infine, hanno ribadito il loro voto favorevole all’abrogazione, sulla base di quanto già detto in discussione.

Il disegno di legge 10/19 è stato infine approvato con 25 sì 1 astensione.

 

MC

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