Compiti del servizio antimobbing

Compiti del servizio antimobbing

I principali compiti del servizio sono i seguenti:

  • svolgere attività di informazione, consulenza e mediazione per lavoratrici/lavoratori e per datrici/datori di lavoro;
  • sensibilizzare l'opinione pubblica in collaborazione con associazioni e istituzioni;
  • svolgere attività di informazione e di formazione continua per le lavoratrici e i lavoratori nonché per le datrici e i datori di lavoro in collaborazione con le agenzie locali di educazione permanente;
  • organizzare conferenze e convegni in collaborazione con istituzioni, organizzazioni di categoria e associazioni.

Le lavoratrici e i lavoratori nonché le datrici e i datori di lavoro possono contattare il servizio antimobbing compilando l'apposito modulo online.

Nel 1993, lo psicologo del lavoro Heinz Leymann, nel suo libro "Mobbing: Psychoterror am Arbeitsplatz und wie man sich dagegen wehren kann" (Mobbing: terrorismo psicologico sul luogo di lavoro ‒ come difendersi) ha formulato una definizione del mobbing, portando così l'argomento al centro del dibattito pubblico.

Leymann descrive il mobbing come "una comunicazione ostile da parte di uno o più individui diretta contro un singolo, che molto spesso può protrarsi nel tempo e condizionare il rapporto tra l'autore e la vittima“ (Leymann 1993a, pag. 21 in: Mobbing: Psychoterror am Arbeitsplatz und wie man sich dagegen wehren kann).

La legge provinciale 21 giugno 2021, n. 4, definisce il mobbing come una serie di comportamenti

  • caratterizzati da una conflittualità sistematica, persistente e in costante progresso;
  • mediante i quali una o più persone vengono fatte oggetto di azioni persecutorie da parte di uno o più aggressori in posizione superiore o di parità;
  • che hanno lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità.

La persona colpita non ha alcuna possibilità o ha grande difficoltà a reagire, con conseguenze negative per la sua salute psicofisica, il suo equilibrio, le relazioni sociali, la reputazione personale e la professionalità.

Il mobbing è caratterizzato dalla contestuale presenza delle seguenti condizioni:

  • la situazione di conflittualità si svolge in un contesto lavorativo;
  • vengono messe in atto azioni ostili quali ad esempio interferenze nelle relazioni interpersonali, isolamento sistematico, assegnazione ad altre mansioni, atti lesivi della reputazione, violenza o minacce di violenza;
  • le azioni ostili si ripetono più volte al mese;
  • le azioni ostili sono in corso da almeno sei mesi;
  • la situazione conflittuale tende ad acutizzarsi gradualmente;
  • è riscontrabile uno squilibrio tra gli antagonisti;
  • è presente un intento persecutorio.

Le azioni dannose sul posto di lavoro non si verificano sempre in modo continuo e regolare, ma possono comunque produrre effetti negativi duraturi. In questo caso, si parla di straining.

Per straining si intende una situazione di stress indotto sul posto di lavoro in cui la vittima subisce almeno un’azione che ha come conseguenza un effetto negativo duraturo sull’ambiente di lavoro.

"A mero titolo esemplificativo l’effetto negativo duraturo può consistere in un demansionamento, uno svuotamento di mansioni, una marginalizzazione, un’esclusione da informazioni fondamentali per un buon espletamento del lavoro o in analoghe azioni volte a ostacolare o compromettere il sereno e dignitoso svolgimento del proprio lavoro e a sminuire la professionalità del/della dipendente."
(Fonte: legge provinciale 21 giugno 2021, n. 4)

Spesso le persone colpite non riconoscono le prime avvisaglie, né sono in grado di stabilire come e quando il tutto ha avuto inizio.

Leymann descrive quattro fasi che caratterizzano l'insorgere di una situazione di mobbing.

  • Fase 1: un conflitto irrisolto.
    Una situazione di conflitto non chiarita continua a frapporsi tra le persone coinvolte. Si assiste ai primi attacchi personali e alle prime recriminazioni.
  • Fase 2: inizia il terrorismo psicologico.
    Il conflitto che è stata la causa scatenante ormai è passato in secondo piano. La persona viene fatta bersaglio di vessazioni e di atti ostili generalizzati.
    La vittima comincia a dubitare di sé stessa e a perdere autostima. Spesso finisce per essere esclusa ed emarginata.
  • Fase 3: sanzioni e conseguenze sul posto di lavoro.
    La vittima di mobbing è sottoposta a un'enorme pressione. La situazione ha un impatto sulle sue prestazioni lavorative, inducendola a commettere degli errori.
    La dirigenza interpreta male la situazione e reagisce, ad esempio, imponendo sanzioni alla vittima di mobbing.
  • Fase 4: l'esclusione.
    La persona colpita rassegna le dimissioni ‒ o viene licenziata ‒ e quindi cessa di far parte del sistema.

(Fonte: Mobbing: Psychoterror am Arbeitsplatz und wie man sich dagegen wehren kann, Leymann 1993)

Le aziende che attribuiscono scarsa importanza alla cultura aziendale e alla cura dei rapporti interpersonali sono particolarmente esposte a dinamiche di mobbing.

I fattori che contribuiscono a generare dinamiche di mobbing possono includere:

  • carenze procedurali:
    la mancanza di personale, un eccessivo carico di lavoro e processi poco trasparenti generano errori e incomprensioni, per cui si cerca un capro espiatorio;
  • carenze nell'organizzazione del lavoro:
    la scarsa considerazione delle capacità dell'individuo, procedure monotone e la mancanza di stimoli possono indurre le persone a compiere atti di mobbing per frustrazione e noia;
  • stile dirigenziale autoritario:
    una cultura aziendale gerarchica che non lascia spazio al confronto e al dialogo è un terreno fertile per le dinamiche di mobbing;
  • mancanza di cultura del dialogo:
    se nell'azienda manca una cultura di gestione dei conflitti, questi rimangono irrisolti e possono degenerare in situazioni di mobbing.

(Fonte: Istituto federale per la sicurezza e la salute sul lavoro della Repubblica federale di Germania [a cura di], Wenn aus Kollegen Feinde werden: Der Ratgeber zum Umgang mit Mobbing, 2011)

A tutt'oggi in Italia non è stata emanata una legge che tuteli dal mobbing. Tuttavia, esistono alcune disposizioni di diritto civile e penale che offrono una tutela giuridica rispetto a questo fenomeno e che consentono altresì di intraprendere azioni legali al fine di contrastarlo.

Disposizioni di diritto civile

La persona colpita da mobbing può innanzitutto far valere il diritto alla tutela dell'integrità fisica e psichica, sancito dall'articolo 2087 del Codice civile.

Tale norma prevede infatti che l'imprenditore sia tenuto a "tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro".
Nella fattispecie si tratta di un obbligo contrattuale.

Se vengono dimostrati a carico del datore di lavoro atti assimilabili al mobbing, egli contravviene a tale obbligo contrattuale e ne risponde sul piano civile.

In caso di mobbing è anche possibile contestare al datore di lavoro la violazione dell'obbligo extracontrattuale di cui all'articolo 2043 del Codice civile, vale a dire di non cagionare ad altri, per fatti dolosi o colposi, un danno ingiusto.

Disposizioni penali

Nell'ordinamento giuridico italiano il mobbing non è un reato. Tuttavia, in alcuni casi, gli atti attraverso i quali si manifesta il mobbing costituiscono reato e in quanto tali sono perseguibili. In questa fattispecie rientrano:

  • l'abuso d'ufficio (articolo 323 del Codice penale):
    se nello svolgimento di una funzione pubblica si verificano molestie e vessazioni;
  • la lesione personale (articoli 582 e 583 del Codice penale):
    si tratta di casi gravi, in cui le molestie e vessazioni sfociano in lesioni personali;
  • l'ingiuria (articolo 594 del Codice penale):
    se il mobbing si manifesta attraverso offese e vessazioni giuridicamente rilevanti;
  • l'abuso sessuale (articolo 609-bis del Codice penale):
    se le molestie e vessazioni sfociano nell'abuso sessuale;
  • gli atti persecutori (stalking) sul luogo di lavoro (articolo 612-bis del Codice penale):
    lo stalking, se collegato al mobbing, assume rilevanza giuridica quando può essere considerato la reiterazione di un'azione che nasce sul luogo di lavoro come mobbing, ma prosegue al di fuori del luogo di lavoro, ripercuotendosi sulla sfera privata della persona da esso colpita.

In giudizio spesso risulta difficile dimostrare di avere subìto atti di mobbing. La vittima, infatti, non è sempre in grado di fornire le prove necessarie (ad esempio certificazioni mediche), non si avvale di testimoni attendibili o trova difficoltà a dimostrare l'entità del danno subìto.

Quali danni è necessario dimostrare di aver subìto per chiederne il risarcimento in giudizio?

Per far valere in giudizio una richiesta di risarcimento dei danni da mobbing, la persona colpita deve dimostrare di avere subìto uno o più danni delle seguenti tipologie:

danno biologico:
lesione fisica o psichica compromettente l'integrità della persona, accertata tramite una valutazione medico-legale;

danno psicologico/morale:
si parla di danno morale quando, a causa delle molestie e vessazioni subite, la persona risulta turbata emotivamente e interiormente;

danno esistenziale:
in questo caso la persona colpita si vede leso il diritto al libero dispiegarsi ed esplicarsi della propria personalità e sperimenta un cambiamento delle precedenti sue abitudini di vita con una diminuzione permanente della qualità di vita.
In questi casi si tratta di danni immateriali, la cui entità viene determinata dal/dalla giudice.
La persona colpita da mobbing ha altresì la possibilità di dimostrare in giudizio di aver subìto un danno materiale.

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