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La Consigliera di parità sulle modifiche al congedo di maternità

Secondo Michela Morandini, l’emendamento che permette che le donne in gravidanza restino al lavoro fino alla data del parto è un pericolo soprattutto per le lavoratrici con contratti precari.

La commissione bilancio della Camera ha recentemente approvato un emendamento sul congedo di maternità obbligatorio in base al quale, in futuro, le donne in gravidanza, con il consenso della ginecologa o del ginecologo, potrebbero lavorare fino al 9° mese e usufruire dei 5 mesi di maternità obbligatoria dopo il parto. “Questa regolamentazione viene proposta come “terza” possibilità per beneficiare della tutela della maternità, ma in realtà porta con sé grandi pericoli, soprattutto per le donne in situazioni di lavoro precarie e vulnerabili”, sostiene la consigliera di parità Michela Morandini.

Secondo i dati del rapporto del Ministero del Lavoro sui licenziamenti, nel 2017 27.443 madri si sono licenziate per motivi di incompatibilità tra famiglia e lavoro. “Per le donne con rapporti di lavoro precari e vulnerabili la situazione peggiora”, sostiene Morandini: “Spesso sono completamente in balìa dei datori di lavoro ed esercitano la loro attività in condizioni anche estreme, per paura di perdere il posto”. Messe sotto pressione dal datore di lavoro e per paura di perdere il posto, molte donne in futuro vorranno lavorare fino al nono mese di gravidanza: una novità che rappresenta un chiaro passo indietro in tema di tutela della salute della madre e del bambino, e che, secondo la Consigliera di parità, bisogna modificare.

 

MC

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