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11 ottobre, Giornata internazionale delle bambine: “Ancora molto da fare in termini di parità professionale”

Michela Morandini: “Nonostante una formazione migliore, con l’ingresso nel mondo del lavoro si riducono le opportunità delle ragazze. È necessaria una migliore suddivisione del lavoro di cura non retribuito”

L’11 ottobre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale delle bambine. La Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia stabilisce uguali diritti per bambini e bambine, ma la realtà appare differente: in proporzione, le bambine risultano più spesso discriminate e ostacolate nel loro libero e autodeterminato sviluppo. La Giornata internazionale delle bambine richiama l’attenzione su questi problemi e sulle esigenze delle bambine, in modo da dare uno stimolo, a livello internazionale, per migliorarne la situazione.

L’Agenda ONU prescrive il raggiungimento entro il 2030 della parificazione tra uomo e donna quale uno degli obiettivi fondamentali di uno sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale, economico ed ecologico. Questo significa che il rafforzamento e la partecipazione di donne e bambine non solo sono giusti, ma hanno effetti su crescita economica e sviluppo, e sono pertanto irrinunciabili dal punto di vista dello sviluppo socioeconomico. Tramite la partecipazione paritaria e l’accesso delle donne a ruoli dirigenziali in campo economico, politico e sociale si persegue l’abbattimento di pratiche di discriminazione profondamente ancorate, multiformi e specifiche nei confronti di un sesso.

Per quanto riguarda l’accesso alla formazione, in Alto Adige il quadro è chiaro: bambine e ragazze hanno lo stesso accesso alle strutture formative dei loro coetanei maschi, e ne fanno uso. Nel 2019 nelle scuole superiori altoatesine erano iscritte 1.500 ragazze in più rispetto ai ragazzi, e anche le Università europee diventano, secondo Eurostat, sempre più femminili; inoltre, già nel 2015 il 58% delle persone diplomate erano donne.

Con l’ingresso nel mondo del lavoro, tuttavia, si verifica un‘inversione di marcia: le chance delle ragazze nella vita lavorativa attiva si riducono con l’aumentare dell’età, nonostante una formazione migliore. Secondo l’Istituto nazionale di statistica ISTAT, la quota occupazionale femminile è in Italia, attualmente, del 48,9%; solo il 30% delle cariche politiche sono ricoperte da donne, e le posizioni dirigenziali più elevate nelle imprese sono rivestite da donne solo nel 29% dei casi.

In alto Adige, la quota occupazionale femminile è del 67,9% (dati 2019), quindi superiore alla media europea del 64%: “Tuttavia, anche in Alto Adige le donne sono fortemente sottorappresentate nelle posizioni decisionali e direttive”, commenta la Consigliera di parità Michela Morandini.

“È necessario interrompere i meccanismi che portano alla discriminazione strutturale”, spiega ancora Morandini, “vale a dire quelle forme di discriminazione di gruppi sociali che si esercitano tramite meccanismi nascosti dominanti e relative disposizioni”. Tra questi, gli stereotipi di genere dominanti che condizionano le scelte professionali dei ragazzi: bambini e bambine hanno il diritto di fare esperienze ed esercitare i loro talenti liberi da imposizioni e aspettative sociali.

“A questo proposito, è da rivedere anche la distribuzione tra i sessi del lavoro di cura non retribuito: che i compiti di educazione e cura siano ancora prevalentemente assunti dalle donne è infatti fonte di svantaggio per le giovani già all’ingresso nel mondo del lavoro, in quanto chi offre un posto di lavoro mette in conto fin da subito lunghe assenze delle candidate per motivi famigliari, e in caso di pari qualifica preferisce scegliere i candidati maschi”, conclude Morandini.

MC

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