Forme di discriminazione in ambito lavorativo

Forme di discriminazione in ambito lavorativo

Per discriminazione in ambito lavorativo s'intende una differenza di trattamento ovvero una classificazione e suddivisione in categorie dei collaboratori e delle collaboratrici. Le discriminazioni si possono manifestare in svariati modi e possono assumere diverse dimensioni. Esistono forme di discriminazione che possono essere dovute alla razza, alla religione, alle convinzioni personali, a una disabilità, all'età, all'identità sessuale o al genere. Gli atteggiamenti discriminatori non si incontrano solo nel mondo del lavoro, ma comprendono tutti gli ambiti della vita quotidiana, come per esempio la formazione, l'alloggio, il tempo libero ecc.

Si distingue fra diverse forme di discriminazione:

Parliamo di una discriminazione diretta quando una persona, per via di una sua caratteristica, riceve un trattamento sfavorevole rispetto ad un'altra persona. Un caso di discriminazione diretta in ambito lavorativo si ha per esempio quando un'inserzione di lavoro è rivolta a un solo gruppo di persone (per esempio esclusivamente agli uomini). Nella fattispecie rientrano anche regolamentazioni e misure che non fanno riferimento esplicito alla caratteristica non desiderata, ma piuttosto a circostanze che altro non rappresentano se non una parafrasi del concetto a cui si intende alludere. Per fare un esempio, il trattamento sfavorevole nei confronti di una donna per il fatto che è incinta oppure perché ha dei figli rappresenta una discriminazione diretta legata al genere.

La discriminazione indiretta ricorre quando una disposizione, un criterio o una procedura sono apparentemente neutri, ma di fatto sfavoriscono un determinato gruppo di persone. Si configura una discriminazione indiretta, ad esempio, quando per un determinato impiego si cercano sia donne che uomini, ma poi si richiede una flessibilità che per esempio le madri non riescono a garantire a causa dei propri impegni familiari. Tra le discriminazioni indirette rientrano in modo particolare anche le discriminazioni strutturali, le cui cause sono da ricondurre alle strutture della società e dello Stato nonché alle istituzioni.

Si parla di discriminazione strutturale quando la disparità di trattamento trova fondamento nell'assetto organizzativo, ad esempio quando convenzioni, costumi o tradizioni patriarcali, religiose o omofobiche portano a svantaggiare un determinato gruppo di persone e ciò è considerato "normale". Questa forma di discriminazione si verifica in tutte le società e in molti casi è difficile da riconoscere in quanto le strutture esistenti spesso non vengono messe in discussione.

La discriminazione istituzionale si verifica quando le regole, le prassi e le procedure interne fanno sì che individui o gruppi siano sistematicamente svantaggiati.

Si verificano quando una persona presenta diverse caratteristiche che la rendono particolarmente esposta ad atti discriminatori. Tali caratteristiche possono includere il sesso, una disabilità, il colore della pelle o un background migratorio. Queste persone corrono il rischio di essere esposte a discriminazioni plurime e in contesti diversi, oppure le diverse caratteristiche insieme provocano una discriminazione più marcata e più frequente.

Fonte: Informationsplattform humanrights.ch

Il decreto legislativo 198/2006, agli articoli 25 e 26, definisce le forme di discriminazione diretta e indiretta:

Forme di discriminazione diretta
Costituisce discriminazione diretta qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l'ordine di porre in essere un atto o un comportamento, che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un'altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga.
Forme di discriminazione indiretta
Rappresenta una forma di discriminazione indiretta ogni disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento apparentemente neutro ma potenzialmente in grado di mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso, salvo che riguardi un requisito essenziale allo svolgimento dell'attività lavorativa.
Molestie
Sono comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Molestie sessuali
Sono comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale.
Discriminazione come reazione
Sono considerati come discriminazione quei trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione a un reclamo o a una azione volta a ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne.
Sono altresì considerati come discriminazione i trattamenti meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore per il fatto di essersi opposto a comportamenti discriminatori sotto forma di molestie anche sessuali (o viceversa, per il fatto di esservisi sottomesso).
Discriminazione collettiva
Per discriminazione collettiva si intendono quei comportamenti discriminatori diretti o indiretti che riguardano più soggetti, anche quando tali soggetti non siano individuabili in modo immediato e diretto.

Ai sensi dell'articolo 25, comma 2-bis del d.lgs. 198/2006 costituisce discriminazione "ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell'esercizio dei relativi diritti".

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